Punti cardinali: teoria di una ragazza fissata con l’ovest
Questo post avrebbe dovuto essere dedicato alla giornata nazionale del Trekking Urbano del 31 ottobre (andate a visitare il loro bel sito: http://www.trekkingurbano.info). Ma il mio programma di cammino cittadino è stato spezzato da un mal di schiena lancinante. E allora eccomi qui a parlarvi di punti cardinali.
Prima di tutto qualche informazione. I termini nord e sud, ovest ed est derivano dai nomi dei quattro nani che, secondo la mitologia norrena, sorreggevano i quattro angoli della volta celeste; secondo la tradizione turca invece i punti cardinali sono legati a quattro divinità e associati ognuno a un colore. Già così c’è di che rimanere affascinati!
Io, però, sono fissata con questi quattro punti, perché sono convinta che la posizione del sole riesca a determinare il mio stato d’animo. In particolare nutro una “ossessione” per l’ovest, dove il sole va a coricarsi (occidente, dal latino occidere: si riferisce al sole che cade, tramonta) come se avessi la necessità di bere fino all’ultimo sorso di luce, ogni giorno.
D’altra parte l’effetto positivo della luce è noto: le popolazioni che vivono al livello dell’Equatore sembrano godere di un umore migliore di coloro che abitano i paesi del Nord, dove si registrano alte percentuali di depressioni e di suicidi. In alcuni luoghi, questo fenomeno si chiama winter blues, perché la stagione fredda e segnata da una diminuzione di luce solare contribuisce, in certi soggetti, a una sorta di depressione stagionale, che sembra diminuire con l’arrivo della primavera.
Ma no, per quanto anche io mi senta più triste e malinconica con l’arrivo dell’autunno e patisca un po’ il cambio di orario che ci fa perdere una ora di luce al pomeriggio, la mia fissazione ha altra origine. E’ infatti legata a un luogo e a una sensazione di benessere assai peculiare che ho provato su una scogliera irlandese, ormai più di venti anni fa. Su quello sperone roccioso delle Cliffs of Moher sono rimasta a osservare il sole che cadeva nell’acqua. L’ho fatto per un tempo lunghissimo, e mi dicevo che oltre quel mare c’era ancora il mare, e poi il mare e ancora il mare. La prima terra che avrei potuto incontrare era davvero lontana, l’America. Ho provato a immaginare quante persone si erano imbarcate e avevano salutato quelle rocce scure e quel mare impetuoso, alla volta di un luogo sconosciuto. Quanta paura dovevano aver provato per quell’ignoto cui andavano incontro. E quanta speranza per quella terra che li attendeva e che conteneva il loro futuro, il futuro dei coraggiosi, di uomini e donne desiderosi di libertà.
Da quel giorno per me ovest è sinonimo di libertà, futuro e speranza. I miei viaggi tendono sempre verso ovest, ed è il massimo se trovo anche una scogliera a picco sul mare da cui osservare il tramonto: Cabo de Sao Vicente e Cabo da Roca in Portogallo sono state altre due rocce che hanno creato in me vortici di emozioni ad alto tasso di palpitazioni. Al Cabo da Roca, il punto più occidentale dell’Europa continentale, la frase di Camões incisa nel monumento commemorativo è stupenda: “Qui… dove la terra finisce il mare comincia”. Ma non è necessario giungere a un finis terrae, l’ovest può anche essere solo il versante occidentale di una piccola isola o un lato di una montagna. L’importante è deliziarsi con i colori che il cielo assume in quelle ore della giornata, sognare di varcare un confine e sentirsi liberi. Di creare, progettare, vivere, amare, sperare, provare.
E la mia casa deve avere almeno una finestra orientata a occidente, se possibile quella del soggiorno, e magari corredata da un bel terrazzo. Nella mia prima casa ci sono riuscita, trovare la seconda che avesse le stesse caratteristiche è stato molto difficile, ma per me era una “conditio sine qua non”. Per fortuna, a volte sono le case stesse a chiamarci e così, quando siamo entrati nella nostra nuova casa, ci siamo accorti che era lei perché abbiamo provato la stessa sensazione che ci aveva travolti appena messo piede in quella vecchia. E poi l’abbiamo subito amata perché ha sette finestre ben orientate verso tre punti cardinali e i suoi punti intermedi baciati dal sole, che così ci sveglia la mattina, ci abbraccia durante tutta la giornata e ci augura la buonanotte. Una sensazione bellissima sapere di abitare in una casa che ci avvolge con calore e luce, ci protegge e nello stesso tempo apre i nostri occhi su diversi orizzonti.
C’è una disciplina di origine orientale che studia le interazioni tra uomo e ambiente, si chiama Feng Shui e le sue applicazioni all’architettura e all’arredamento sono molto interessanti: sembrerebbe che ci siano direzioni più o meno propizie per la disposizione delle camere di una casa, dei mobili, ci sarebbero persino colori più idonei di altri a decorare le pareti. Ho seguito alcuni suggerimenti in camera da letto e… chissà se per quello o perché la casa ha di suo vibrazioni positive ma io sprofondo in un sonno rilassante ogni notte.
Grazie a questa casa ho ricominciato ad amare l’est. Nella mia teoria dei punti cardinali, l’oriente mantiene il suo ruolo storico di culla della civiltà; nella mia testa però diventa nido, porto sicuro, letto. L’est è il luogo dei ricordi, del passato, dell’infanzia, il territorio da cui attingere forza e conoscenze, per poi poter affrontare un lungo cammino alla luce del sole (sud) e guadagnarsi la libertà, l’appagamento, la consacrazione (ovest). Pochi i viaggi a est che ho creato da sola, come se bastassero quelli fatti in precedenza, nell’infanzia appunto, a soddisfare la mia curiosità. Finestre a oriente quelle delle camere da letto della mia casa, di modo che la luce mi invogli ad alzarmi la mattina.
Adesso sta cambiando qualcosa, però.
Sono passati ventuno anni da quel giorno sulle scogliere, quando avevo bisogno di proiettarmi in avanti per trovare un senso, di sicurezze per sperimentare, di correre per riuscire anche a fermarmi, di libertà di cercare la mia strada. Ora sembra che un certo equilibrio sia stato trovato e allora posso permettermi di scompaginare un poco le carte e rimettere qualche cosa in discussione.
Le finestre della mia camera sono sempre rivolte a est, ma adesso lascio un poco le tapparelle alzate perché il buio della notte mi tiene compagnia. Ho fatto pace col passato e lo tratto con indulgenza e simpatia (e poi la storia mi è sempre piaciuta, no?), non sono più sopraffatta dalla malinconia quando guardo le vecchie foto, adesso c’è qualcuno a cui tramandare tutto quello che è stato. Non mi incaponisco più a finire un libro anche se non mi piace: il tempo è troppo importante perché venga sprecato. Non mi affanno più a visitare tutto di un luogo che mi piace, preferisco lasciare qualcosa di non visto di modo che ci sia una scusa per ritornare.
E poi sto progettando un viaggio in Norvegia, che non si trova solo a est rispetto all’Italia, ma anche ben più a nord, perché forse va rivalutato anche questo cardinale. In ogni caso, è meglio usare una certa cautela, e allora si partirà in luglio, perché voglio trovarmi su un nuovo sperone roccioso con il sole pronto a tuffarsi nel mare. E sognare di nuovo un futuro. Chissà che arrivi dalla parte più inaspettata…
Le foto sono state tratte da: http://it.wikipedia.org/wiki/Scogliere_di_Moher; http://pt.wikipedia.org/wiki/Cabo_da_Roca; http://it.wikipedia.org/wiki/Capo_Nord
Commenti
Elisabetta Mapelli scrive:
Ciao Cristina
complimenti ,scrivi molto bene.Ti confesso che l’autunno e la carenza di luce provoca in me tristezza e devo combatterla ammettendo che è una ripetizione costante del tempo e delle stagioni.Ma con il ragionamento l’affronto e gioisco delle giornate di sole.Ho un po di rimpianto per la casa di via Pallavicino dove vedevo il sorgere del sole in soggiorno e godevo della vista dei tramonti dalla camera dei ragazzi.Un bacio zia Elisa
Girasole scrive:
Buonasera Elisabetta, grazie mille per i complimenti, che mi fanno molto piacere, anche se… io sono Cristina ma non la Cristina che pensi tu. Ebbene sì, in theylab di Cristina ce ne sono ben due. Mi fa anche molto piacere sapere di non essere la sola ad amare le case piene di sole! A presto