Il principe dei gigli
Eccomi di nuovo qui per la recensione di un libro che ho appena finito di leggere e che mi ha molto coinvolto, soprattutto per l’atmosfera: Il principe dei gigli di Hans Tuzzi, edizioni Bollati Borignhieri. È un giallo in piena regola: un incipit descrittivo, con tutti i personaggi/potenziali assassini; un omicidio all’apparenza inspiegabile; un commissario ufficialmente in vacanza che subito entra nel vivo delle indagini; un finale con scoperta del colpevole che lascia tutti a bocca aperta. Quindi, da un certo punto di vista, niente di nuovo sotto il sole. E allora? direte voi. Che cosa ti ha coinvolto? L’atmosfera come ho detto all’inizio; quell’atmosfera ovattata e fuori dalla realtà che si respira solo negli ambienti accademici – la storia si svolge alla scuola di specializzazione di bibliografia di un piccolo borgo del centro Italia, durante un convegno internazionale di bibliofili. L’autore, attraverso la descrizione dei personaggi, dei luoghi ma soprattutto delle azioni e dei dialoghi, è riuscito a rendere alla perfezione il modo di pensare e di vivere degli accademici. Per questi l’ambiente universitario e di ricerca è un piccolo mondo ordinato, scandito dagli studi di reperti antichi e preziosi, dai confronti tra colleghi, dai convegni, dalle scoperte. Per loro niente e nessuno può e deve sconvolgerlo; figuriamoci un omicidio e l’avvento di soggetti che vivono quella quotidianità che loro invece cercano di tenere ben discosta. Ed ecco dunque la meraviglia, ma soprattutto il fastidio: una cosa del genere non è concepibile che accada in un luogo votato allo studio e alla conoscenza. L’epilogo farà scoppiare la bolla dentro la quale tutti sino a quel momento erano vissuti. Un piccolo mondo non è mai estraneo a uno mondo più grande.