La magia del fatto a mano: Il Rattovolante di Francesca Giorgetti
Cavi di Lavagna è un piccolo borgo tra Chiavari e Sestri Levante – stiamo parlando della Liguria, e più precisamente della riviera di Levante – che d’inverno non conta più di 400 anime e d’estate è meta di un turismo malinconico e appassionato, fatto di persone che amano ritornare negli stessi posti a cui si sono affezionate trent’anni prima e dove poi portano i figli e i figli i nipoti. Lontano dalle mondanità di Santa Margherita e Sestri Levante, Cavi offre un’atmosfera familiare e radicata nelle tradizioni, anche se ultimamente sta facendo molta fatica ad attirare nuove realtà, complice il fatto che in Liguria si stenta a innovare e a rinnovarsi.
Eppur qualcosa si muove.
Francesca Giorgetti arriva a Cavi di Lavagna diciassette anni fa dalle Marche. Per amore. Un amore conosciuto durante un corso di teatro e che poi, fortunata lei, si dimostra quello giusto, o almeno, quello con cui condividere una buona parte di vita, perché io degli uomini che vengono definiti giusti non mi sono mai fidata troppo. Dopo tre mesi ne ha già abbastanza di questa striscia di terra schiacciata tra i monti e il mare, che chi non ci è nato si sente schiacciare anche lui, soffocato da una durezza che è solo apparente. Lui però la convince a restare.
Ci è voluto del tempo, ma Francesca ha fatto pace con questa terra che è diventata anche un po’ sua, perché – non si direbbe – pur essendo avara, si dona facilmente a chi le va a genio.
Per un po’ fa la mamma, poi inizia a interagire con la macchina da cucire di sua suocera. Un rapporto d’amore anche quello, intenso e sicuramente contraccambiato. Inizia scaricando i cartamodelli da Burda e confezionando abiti che un po’ le assomigliano, informali ma con l’eleganza senza tempo di chi si porta dietro le proprie radici e sa che, ovunque le trapianti, le vedrà germogliare. Segue dei corsi di approfondimento e conosce altre malate del cucito come lei – perché secondo me quando hai una passione che muove le tue giornate e ti entra nel sangue, è un po’ una malattia. Due anni fa si diploma in Tecnica della moda. Questo, per chi non lo avesse capito, significa che affronta un’altra maturità, con tanto di prova di italiano, matematica e inglese. Una cosa un po’ folle, certo, ma di quella follia sana che ti alimenta. Nel frattempo gira i mercatini handmade del Levante per far conoscere le sue creazioni.
Ma non è abbastanza.
A marzo di quest’anno apre un suo spazio, un contenitore di sogni e colori. Lo chiama Il Rattovolante, la cui definizione troviamo nel Libro delle parole altrimenti smarrite, di Sabrina D’Alessandro, prefazione di Stefano Bartezzaghi in persona. Rattovolante: agg. Improvvisa, istantanea, dal latino rapidus, propriamente “che trascina”, derivato di rapere “rapire”
Una voce autorevole diceva più di un secolo fa che il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare. Io penso che il coraggio sia una condizione dell’anima, istantanea, fulminea appunto. Da cogliere al volo, perché certe condizioni, soprattutto quelle dell’anima, è raro che rifacciano la stessa strada una seconda volta.
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