Le nostre anime di notte

Le nostre anime di notte di Kent Haruf, edizioni NN, è stato scelto per il Bookclub di cui faccio parte, e non è un titolo che avrei scelto. Di solito propendo per storie più particolari, per libri più particolari, che abbiano qualcosa di curioso o nella trama o nello stile o nei personaggi.
Lo stile con cui è scritto è essenziale, asciutto e poco descrittivo. L’aggettivazione è scarsa e sempre concreta, come un dito che mostra qualcosa lì davanti, che ognuno può vedere. Non è uno stile che ho trovato entusiasmante, ma nemmeno noioso, stranamente. Monotono sì, ma non noioso.
Solo a un certo punto, in là con la storia, ho trovato una gemma, per me, davvero divertente: un capitolo di meta-narrazione. La storia è ambientata a Holt, dove lo scrittore ha già ambientato la famosa Trilogia della pianura, e i due protagonisti di Le nostre anime di notte in questo capitolo parlano della realizzazione di un film da uno di quei libri, si chiedono cosa ne pensano e se sarebbe bello o no che qualcuno scrivesse la loro storia.
Questo stile lascia molto spazio al lettore, e come per magia tra le parole scarne emergono le emozioni nascoste di ciascuno, che ci preparano ad affrontare un finale che forse è inopportuno definire inaspettato, ma per me lo è stato come lo è qualsiasi forma di ingiustizia, anche annunciata. L’emozione che è venuta a galla in me è stata una grande rabbia… non vi dico per quale motivo, per non fare spoiler.
Area di guarigione: L’essenziale è invisibile agli occhi, ciò che è importante nella vita è al di là di ciò che appare.