Due parole… Sul soffitto – recensione

 Due parole… Sul soffitto – recensione

Ho una predilezione per l’assurdo. Ho sempre adorato Samuel Beckett, fin dal primo incontro alle superiori, amo di un amore filiale José Saramago, trovo sempre interessanti le favole di Esopo o Jean de La Fontaine e i loro animali parlanti… Mi piacciono pure i film di Mel Brooks. Insomma l’assurdo, nelle sue svariate declinazioni, mi affascina e mi parla di pensieri che la realtà difficilmente riesce a condividere con garbo. 

Per questo ho fatto il filo a Sul soffitto di Éric Chevillard per mesi, finché finalmente l’ho comprato. E poi è passata ancora qualche settimana prima che potessi finalmente iniziarlo. Ah, devo precisare che quando vengo assalita da queste forme di infatuazione libresca, non sto tanto ad approfondire prima quello che andrò a leggere. Quindi può capitare che quello che mi aspetti non sia esattamente quello che trovo. 

Così è stato, infatti. All’inizio sono rimasta un po’ spiazzata. Ora vi spiego. Questa è la storia di un uomo che fin da bambino vive con una sedia ribaltata sulla testa. Viene un po’ discriminato per questo. Vive abusivamente insieme ad altri anticonformisti come lui in un cantiere abbandonato, finché non arrivano le ruspe, e allora lui e i suoi amici trovano rifugio a casa della sua amica Méline, ma sul soffitto di casa sua. E qui inizia la contrapposizione tra chi vive a terra e chi vive sul soffitto, molto più esacerbata della precedente differenza tra la maggioranza e chi vive con una sedia in testa. 

L’assurdo, come vedete, c’è tutto. Come non amare questa assurdità? Però, non so perché, associo l’assurdo a una leggerezza di tono, di scrittura, di resa che qui non si trova. La lingua di Chevillard è molto densa. Non è facile. Si tratta di un libro sottilissimo, ma ragazzi, quanto ci ho messo a finirlo. È un libro che si legge a piccoli sorsi, o rischi una overdose di senso che ti manda in tilt. O almeno per me è stato così. Pare che Chevillard sia apprezzato proprio per questo suo modo di usare la lingua. Non è solo uno scrittore contemporaneo, probabilmente è uno di quegli scrittori che nel futuro saranno studiati come pietre miliari della letteratura. Come è stato per James Joyce, per Virgina Woolf… Uno di quegli autori che, probabilmente, apprezzi di più quando la loro fama li precede.

Quindi per questo vi avviso, perché non vi lasciate cogliere impreparati come me. Non pensate di finire il romanzo in due sere, trascinati da una prosa esilarante. No, pagina dopo pagina entrate nella densa palude di una lingua che si fa specchio dell’assurdo che rappresenta.

E che cosa rappresenta questo assurdo? Be’, posso darvi solo la mia interpretazione, che probabilmente si trova in un’altra galassia, speculare, rispetto a quella in cui orbita  l’intenzione dell’autore. Chissà? Comunque, per me questo assurdo rappresenta esattamente il presente che viviamo, l’incapacità di accettare il diverso. Parte prima. Poi il “diverso” trova una sua dimensione diversa (il soffitto) e diventa sempre più arrogante, sicuro, e si contrappone in modo invadente e invasivo a quella norma da cui si è sempre dissociato. 

E allora non potevano non venirmi in mente tutte le persone “contro”, che nella loro incapacità di cercare unione e confronto si lasciano prendere la mano dalla contrapposizione, che non è esattamente uno strumento di diplomazia e coesione delle diversità. Si passa così dall’essere guardati con curiosità e diffidenza all’additare con superiorità e disprezzo.

Quindi, proporrei di scendere tutti dal soffitto e continuare, se vi va, a camminare con una sedia rivoltata in testa.

 

14422481822391-Sul soffitto CHEVILLARD                    

Titolo: Sul soffitto

Autore: Éric Chevillard

Traduttore: Gianmaria Finardi

Editore: Del Vecchio

 

Scrivi un commento

Hai disabilitato Javascript. Per poter postare commenti, assicurati di avere Javascript abilitato e i cookies abilitati, poi ricarica la pagina. Clicca qui per istruzioni su come abilitare Javascript nel tuo browser.